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Cronaca
Indagine UE su aggregazione PMI
La Commissione europea ha avviato un procedimento d'indagine formale, in base alle norme sugli aiuti di Stato previste dal trattato CE (articolo 88, paragrafo 2), in merito ad un regime italiano di aiuti concessi sotto forma di credito di imposta per incoraggiare la fusione tra microimprese, piccole e medie imprese. La Commissione ritiene che la misura potrebbe avere effetti distorsivi per gli scambi e per la concorrenza e dubita che gli aiuti di Stato siano lo strumento adatto in questo caso. "Dobbiamo garantire che gli effetti positivi di questo regime italiano di aiuti superino nel complesso quelli negativi", afferma Neelie Kroes, commissario UE per la concorrenza.
Il regime in questione, denominato "premio di concentrazione", prevede un credito d'imposta da accordare alle microimprese, piccole e medie imprese del medesimo settore che si uniscono mediante concentrazione o aggregazione. Il credito è pari al 10% dell'incremento del valore della produzione dell'impresa concentrataria, che costituisce la base imponibile ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). Tale credito si può utilizzare come compensazione dei pagamenti di varie imposte societarie o di contributi sociali. Benché vi sia un nesso con il processo di consolidamento, l'importo del credito d'imposta non viene calcolato sulla base degli investimenti o dei costi. L'importo previsto dal regime è di 120 milioni di euro per il 2006, 242 milioni per il 2007 e 122 milioni per il 2008.
L'Italia aveva già adottato nel 2005 una misura simile, conforme al regolamento comunitario d'esenzione per categoria relativo agli aiuti di Stato alle piccole e medie imprese. Il regime del 2005 limitava il credito d'imposta al 50% dei costi di consulenza relativi al processo di concentrazione o aggregazione. Visto il suo ridotto ambito d'applicazione, inoltre, la misura ha avuto un effetto limitato: 132 beneficiari hanno ricevuto aiuti per un importo complessivo di 3,47 milioni di euro.
Per superare l'esame della Commissione, l'Italia deve innanzi tutto dimostrare che la misura si prefigge di porre rimedio ad uno specifico problema del mercato. Tuttavia, i commissari ritengono che le piccole dimensioni delle imprese italiane siano imputabili ad altri fattori: inefficienze normative, per esempio in materia fiscale o di lavoro, mancanza di finanziamenti, eccessiva regolamentazione dei mercati dei prodotti e dei servizi ed oneri amministrativi.
La Commissione ha espresso riserve anche in merito alla proporzionalità della misura, in particolare per quanto riguarda il livello di sostegno (10%), e agli eventuali effetti negativi, soprattutto la possibilità che alcune imprese possano trarne vantaggi fortuiti. Infine, la Commissione nutre dubbi sulla legittimità del regime, poiché si applica automaticamente anche alle imprese che devono ancora rimborsare precedenti aiuti illegali ed incompatibili. Tale applicazione automatica impedirebbe alla Commissione di valutare la potenziale distorsione complessiva derivante dal cumulo di vecchi e nuovi aiuti.

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