Il commercio mondiale rallenta, e lo fa più del previsto. La World Trade Organization, nell’aggiornamento pubblicato il 16 aprile 2025, ha tagliato drasticamente le stime per l’anno in corso: secondo il nuovo scenario di base, il volume globale degli scambi di merci è destinato a contrarsi dello 0,2%, contro una crescita del 2,7% ipotizzata appena sei mesi fa. Alla base della revisione non ci sono solo i numeri, ma una crescente instabilità che coinvolge dazi, politiche economiche divergenti e tensioni geopolitiche ancora irrisolte.
Determinante in questo contesto è la cosiddetta “pausa tariffaria” di novanta giorni, un accordo temporaneo che ha sospeso l’applicazione di dazi reciproci imposti dagli Stati Uniti ad alcuni Paesi. Un gesto che ha evitato una flessione ancora più marcata – la Wto stima che senza questa tregua, il calo degli scambi sarebbe arrivato all’1,5% – ma che non è sufficiente a rilanciare la dinamica commerciale globale. Tutto dipenderà da cosa accadrà a luglio, quando la sospensione dei dazi scadrà. Washington dovrà decidere se tornare alla linea dura o se aprire a un dialogo strutturato.
A livello regionale, il Nord America è il sorvegliato speciale. Le previsioni indicano un crollo delle esportazioni del 12,6% e delle importazioni del 9,6%, che pesa da solo per 1,7 punti percentuali sulla crescita mondiale del commercio. L’Asia, grazie alla resilienza della domanda intra-regionale e a un certo effetto di sostituzione nelle catene di fornitura, contribuisce positivamente, anche se in misura contenuta. L’Europa resta in territorio leggermente positivo, mentre Africa, Medio Oriente e America Latina mantengono un profilo stabile ma poco dinamico.
I servizi, non direttamente soggetti a tariffe, mostrano una maggiore tenuta. Dopo un’espansione del 6,8% nel 2024, dovrebbero continuare a crescere del 4% nel 2025, pur risentendo del clima di incertezza che si riflette su viaggi, logistica, finanza e consulenza. Tuttavia, la Wto sottolinea che alcune variabili di contesto – dai conflitti internazionali all’adozione accelerata dell’intelligenza artificiale – non sono ancora pienamente integrate nei modelli previsionali.
Se le tensioni tra Stati Uniti e Cina dovessero cristallizzarsi in una contrapposizione sistemica e duratura, l’impatto sull’economia globale potrebbe essere devastante. La WTO stima una possibile perdita fino al 7% del Pil mondiale nel lungo periodo, un prezzo altissimo per la fine del multilateralismo commerciale.
Per l’Italia e per l’Unione Europea nel suo insieme, questo scenario impone una riflessione strategica. Le imprese italiane dovranno agire in fretta per diversificare le catene di fornitura, rafforzare i legami con i mercati asiatici e dell’area Mena, e prevedere nei contratti commerciali clausole capaci di gestire l’instabilità. Sul piano politico, Bruxelles sarà chiamata a scegliere se giocare un ruolo di mediazione o prepararsi a un mondo in cui ogni blocco economico farà da sé.