Dopo anni di crescita alternata e una ripresa post-pandemica mai del tutto consolidata, il 2023 ha segnato una battuta d’arresto per il trasporto ferroviario delle merci in Europa. Lo rivelano i dati del tredicesimo Market Monitoring Report pubblicato da Irg-Rail, l’organismo che riunisce i regolatori ferroviari di 31 Paesi del continente. A livello complessivo, i treni merci hanno percorso circa 800 milioni di chilometri, con una contrazione del 6% rispetto al 2022. Ancora più importante è il calo delle tonnellate movimentate per chilometro, che si sono fermate a 435 miliardi, segnando una contrazione dell’otto percento su base annua. Rispetto al 2019, anno pre-Covid, il dato è identico: –8%.
A soffrire più di tutti è stato il traffico internazionale, sceso del 13% in un solo anno, al punto che per la prima volta dal 2010 la sua quota è scesa sotto il 50% del totale. Una dinamica che riflette l’andamento dell’economia europea, colpita da un rallentamento generalizzato, da un’inflazione ancora alta (7% in media nei Paesi Irg-Rail) e da politiche monetarie restrittive che hanno frenato produzione e consumi.
Nonostante il calo della domanda, le imprese ferroviarie hanno registrato un aumento dei ricavi medi. Per ogni chilometro percorso da un treno merci, gli operatori hanno incassato mediamente 5,57 euro, con un aumento del 12% rispetto al 2022. Il ricavo medio per tonnellata per chilometro è invece salito a 4,55 centesimi, pari al 15%. Si tratta di un adeguamento tariffario reso necessario da una forte pressione sui costi operativi, soprattutto energetici. In particolare, Paesi come Polonia, Germania e Francia hanno visto aumenti significativi dovuti all’inflazione.
Un altro dato che colpisce è quello relativo alla concorrenza. Nonostante la frenata dei volumi, il mercato delle merci su rotaia si conferma aperto e in movimento. Nel 2023, gli operatori diversi dagli incumbent storici – cioè dalle ex ferrovie statali – hanno raggiunto il 55% del mercato in termini di tonnellate-km trasportate. Gli incumbent nazionali sono scesi al 45%, mentre gli operatori esteri si sono mantenuti stabili al 15%. È un segnale evidente dell’avanzamento della liberalizzazione del settore: in 26 Paesi su 31 esiste ormai una presenza significativa di concorrenti.
Anche sul fronte infrastrutturale si registrano cambiamenti. Il numero complessivo di terminal merci è leggermente diminuito, in particolare in Germania, ma il 22% delle strutture attive è oggi classificato come intermodale, ovvero in grado di integrare trasporto ferroviario e stradale o navale. Una quota stabile negli ultimi cinque anni, che riflette l’importanza crescente della logistica integrata.
La puntualità, invece, resta un tema critico. I dati mostrano una grande eterogeneità tra i Paesi: si va da prestazioni eccellenti, con oltre il 90% dei treni in orario all’ultima fermata, a contesti in cui la puntualità scende fino al 30%. Tra i problemi segnalati figurano congestione delle linee, deviazioni non pianificate, priorità data al traffico passeggeri e carenza di personale. Dodici Paesi hanno comunque migliorato la puntualità rispetto al 2022, mentre sette hanno registrato un peggioramento.
Per quanto riguarda le tariffe di accesso alla rete, i cosiddetti Track Access Charges, il 2023 ha segnato un calo in linea con la riduzione dei volumi. I Tac legati ai servizi merci sono scesi del 6%, per un totale di circa 2,34 miliardi di euro, pari al 10% di tutte le tariffe raccolte dai gestori delle infrastrutture. Le sfide restano molte: rilanciare il traffico internazionale, sostenere l’intermodalità, migliorare la puntualità, e allo stesso tempo mantenere sostenibile l’accesso alla rete. Irg-Rail invita a guardare avanti con decisione, perché in un’Europa che punta alla decarbonizzazione, il trasporto merci su ferro può svolgere un ruolo strategico.