A metà febbraio sulle strade italiane si è respirato un clima di protesta. Molti camionisti hanno deciso di manifestare il proprio malessere contro l’incremento dei prezzi di molte materie prime, che ha spinto così in alto il costo del gasolio, da erodere del tutto i già risicati margini di profitto delle aziende di autotrasporto. Non è stato un vero e proprio fermo, quanto manifestazioni spontanee, organizzate senza il sostegno di sigle ufficiali.
Ma cosa ha acceso la fiamma delle proteste? In che modo sono state organizzate? Quali reazioni ha suscitato nel mondo produttivo? E come viene giudicata l’intesa raggiunta con la vice-ministra Bellanova, basata su uno stanziamento di 80 milioni di euro con cui alleggerire i costi aziendali?
Per rispondere lo sguardo di K44 si è ha allargato il più possibile. Siamo partiti dalla Sicilia, per raccogliere la testimonianza di Angelo Spalletta, piccolo autotrasportatore catanese. Quindi siamo saliti a Fondi, per sentire un’attrice della protesta, Filomena Mezzomo, amministratrice di un’azienda di autotrasporto attiva nell’agroalimentare.
Rispetto a questo settore, poi, abbiamo amplificato la voce di 700 aziende di grossisti espressa dal presidente di Fedagro Mercati, Valentino Di Pisa. A chiudere tre rappresentanti di altrettante associazioni, completamente diverse: Carlotta Caponi, appena eletta segretario nazionale della storica Fai-Conftrasporto, Maurizio Longo, segretario della battagliera Trasportounito, presente alle trattative con una posizione di parziale dissenso, così come è critica la visione di Sergio Grujic, rappresentante dell’associazione autonoma Agora 2.0.